Hòbelté è un antico villaggio walser arroccato sui pendii della Valle dal Lys, lungo il sentiero Walserweg, in Valle d’Aosta.
Collocato a 1807 metri di altitudine è raggiungibile esclusivamente attraverso un ripido sentiero, percorribile in circa un’ora di cammino, che parte dalla strada che collega Gressoney-Saint-Jean con Gressoney-La-Trinité.
I locali delle baite sono conservati ancora allo stato originale, risalente al 1700 circa, e non dispongono né di corrente elettrica né di gas e acqua calda. È un luogo isolato e ricco di storie di popoli e di foreste, custodite dalla dura roccia granitica e da quei pochi uomini e donne che ancora oggi abitano i pendii delle Alpi ai piedi del Monte Rosa
Dal sentiero lo spazio è fortemente caratterizzato dalla percezione di tre pieni e un vuoto: le tre case abitabili – spiker, wongade, fienile – e l’assenza – intuibile dal perimetro delle fondamenta – lasciata dal crollo della casa padronale, risalente all’inizio del secolo scorso.
Spiker in lingua titsch significa davanzale, molto probabilmente il nome è dato dalla posizione che occupa nello spazio. Si presenta con un corpo longilineo che si affaccia sulla valle. Il tetto di lose è stato restaurato nel 2012 e gli ambienti che originariamente venivano utilizzati per essiccare i viveri e come deposito per gli attrezzi da lavoro sono diventati due stanze abitabili.
Il Wongade è “l’abitazione-stalla”, nei suoi spazi abitavano i pastori durante la stagione invernale. L’uomo viveva a stretto contatto con gli animali per sfruttarne il calore. Ad oggi accoglie un piccolo museo con lavori e manufatti antichi e contemporanei.
Il fienile è costituito da una stanza al pianterreno utilizzata per la stagionatura dei formaggi. Al secondo piano si trova la stanza con il più ampio spazio interno delle tre strutture, veniva utilizzato originariamente come deposito del fieno, essendo molto asciutto e areato per poter facilitare l’essiccazione. Anche il tetto del fienile è stato restaurato nel 2012 e attualmente viene utilizzato anche come dormitorio estivo.
Come raggiungerci
Collocato sulla variante 7A del Grande Sentiero Walser (1W) (GSW) il villaggio è raggiungibile a piedi imboccando il sentiero che parte dalla statale SR44 di fronte alla stazione dei bus, in prossimità del borgo di Lysbalma.
Il percorso prevede un dislivello di circa 200 m, con un primo tratto più ripido nel bosco e, dall’intersezione con il torrente, un tratto più pianeggiante al limite del bosco che attraversa il villaggio di Alpenzu Piccolo.
Un villaggio walser
I walser (da walliser, “genti del Vallese”) originano da piccoli gruppi di coloni germanici che popolarono alcune valli lungo un ampio segmento dell’arco alpino, in particolare alle pendici del Monte Rosa. La migrazione delle popolazioni nomadi dal nord Europa fu dovuta probabilmente all’optimum climatico che, tra il X e il XIV secolo, favorì la trasformazione delle antiche pratiche di nomadismo pastorale estivo in forme più articolate di sfruttamento agropastorale delle terre vergini di alta quota. Gli accampamenti temporanei di pastori e mandriani divennero insediamenti permanenti e i terreni, sino ad allora utilizzati come pascoli, furono convertiti in campi o in prati da fieno.
Giunti a quote così elevate i walser si dovettero adattare alle condizioni climatiche rigide e alle materie prime povere ed essenziali che offrono i pendii dell’arco alpino occidentale, caratterizzati da boschi di larice e un terreno colmo di rocce compatte e stratificate, adatte alla costruzione di case e muri a secco. L’abbondanza di questi materiali e l’acquisizione di elevate capacità tecniche nella lavorazione del legno e nell’edilizia di alta quota resero celebri questi popoli dalle basse valli alla pianura, consolidando due principali professioni per gli uomini: lo scalpellino e il cesellatore. Queste abilità tecniche erano ampiamente richieste e perciò i walser instaurarono ampie reti di scambio professionale tra Piemonte e la Lombardia.
Costruire la propria casa significava una spesa di fatica notevole, specialmente se il nucleo familiare era ristretto. La casa diventava così un luogo di ritualità, sia nell’abitarla che nell’edificarla. I walser escogitarono lunghi processi di lavorazione del legno, dalle travi portanti al mobilio, alle maniglie delle porte.
La civiltà Walser era fondata su un profondo sentimento religioso. La fatica della quotidianità e il mutare delle stagioni modellavano il ritmo dell’esistenza e assumevano una dimensione trascendentale. Dio era messo al centro della vita, accolta come dono e missione, e le giornate iniziavano e terminavano con la preghiera, mentre il resto del tempo era assorbito dal lavoro. La sera tutti i componenti della famiglia si riunivano a pregare nella “stube”, il locale principale della casa, che nella sua semplicità rispondeva a precise concezioni d’ordine spirituale.
La forte relazione spirituale con il territorio e la loro origine incerta portarono a contornare la cultura walser di numerose leggende. Molto spesso i protagonisti di queste storie tramandate oralmente nei secoli sono folletti, animali parlanti, anime sotto forma di scheletri o altri elementi provenienti da una cultura pagana nordica, che in modo molto curioso si mescolarono con la predominante fede cattolica.
I walser oltre ad essere abili nel plasmare i materiali erano esperti commercianti e ottimi camminatori. Grazie alle diffuse reti di commercio tra la bassa e la alta valle riuscivano a procurarsi materiali tessili, anche se di poco pregio. Il vestito tradizionale femminile era tramandato di madre in figlia e le stoffe per realizzarlo erano ricavate da pezze di recupero rattoppate di generazione in generazione.
L’abito femminile ha subìto molti cambiamenti nel corso del tempo. I primi documenti che mostrano le caratteristiche principali degli abiti walser risalgono al XII secolo. Dai documenti successivi possiamo dedurre che i costumi si siano evoluti, come le tradizioni e le usanze, assumendo caratteristiche sempre più omogenee nell’intera aerea popolata dai walser, pur mantenendo alcuni tratti distintivi che ancor oggi identificano le valli di provenienza.
L’abito tradizionale è composto da:
– la camisa, in walser “hamd”, la camicia;
– il busard, in walser “hotto”, il corsetto;
– il patun (invernale) o la patela (estiva), in walser “pata”, la gonna;
– lo scusal, in walser “folder”, il grembiule che copriva la parte superiore della gonna;
– gli scofoni, calzature in tessuto.